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venerdì 8 giugno 2012

Dsm V: una lunga storia

Con la pubblicazione delle perplessità sulla ‘oggettività’ dell’Apa (l’Associazione psichiatrica americana) nella redazione del nuovo Dsm V (il manuale diagnostico per i disturbi psichiatrici), a cura del dottor Nino Cartabellotta, rsmcampobasso.it ha deciso di aprire un focus su quanto nel comparto sta accadendo ed è accaduto nel corso del tempo. Sui dubbi, le incertezze, le bozze di criteri diagnostici, le rimostranze e le assolute contrarietà che il web ha raccolto in attesa di quel fatidico maggio 2013, allorquando il manuale diventerà operativo stravolgendo – promettono in molti – non solo l’approccio alle patologie da parte degli addetti ai lavori, bensì l’intera percezione della società.


Saremo tutti pazzi?
Qualcuno dice di sì. E lo fa partendo dalle considerazioni fatte da colui che ha guidato la redazione del precedente Dsm IV, il professore emerito di psichiatria Allen Frances, della Duke University a Durham (Carolina del Nord). Parole che hanno fatto il giro del mondo e che riproponiamo nella versione data dal docente a ‘la Stampa’, nell’intervista curata da Francesco Rigatelli.
In sintesi, secondo Frances il nuovo manuale moltiplicherà a dismisura il numero di pazienti con disturbi mentali. A ciò si aggiunge un aumento anche dell’uso di farmaci. Il tutto derivante dalla “individuazione di nuovi disturbi”. Nuove malattie e abbassamento della soglia per definire patologico un certo comportamento. Un esempio: la tristezza diviene depressione. A vent’anni dal Dsm IV, dunque, “il mix ansia-depressione e il binge eating (simile alla bulimia) saranno diagnosticati ciascuno al 5-10% della popolazione generale: 10-20 milioni di persone solo in Usa". (blitz quotidiano)
Frances continua: "Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria inflazione diagnostica e, ogni anno, il 25% della popolazione statunitense - circa 45 milioni di persone - si vede diagnosticare un disordine mentale, eventualità che sale al 50% degli abitanti se consideriamo le persone anziane”. Già il Dsm IV aveva, per stessa ammissione di Frances, fatto lievitare le patologie, portando i disordini bipolari al + 40%, l’autismo a + 25%, e quelle di ADHD (la Sindrome da iperattività e deficit di attenzione dei bambini) al giro di boa “mentre gli antipsicotici sono venduti con un giro d’affari di 50 miliardi di dollari all’anno: ormai i produttori di droghe legali sono più responsabili delle dipendenze delle persone rispetto ai produttori di droghe illegali”. E qui si innestano altre considerazioni.

L’altra scienza: tra interessi e oggettività
L’attenzione si sposta dal mero campo medico per accedere a più sfocati orizzonti che, per molti, sarebbero neanche troppo dietrologici. Uno spot, in tal senso, è dato da un articolo del Sole 24 Ore del 2010 di Gilberto Corbellini.
Prima di tutto va dato – con il contributo di Corbellini – qualche numero: “L'associazione psichiatrica americana (l’Apa, ndr) ha investito 25 milioni di dollari coinvolgendo 600 specialisti per ridisegnare la mappa delle patologie”. Un budget di tutto rispetto che, secondo il Sole 24 Ore, implica una serie di vicende che si allontanano alquanto dal mero interesse per la diagnosi e la cura, per le condizioni del paziente: per la medicina.
Il Dsm è la bibbia della psichiatria. Tramite il manuale “gli psichiatri e i neurologi diagnosticano e trattano i loro pazienti. Inoltre, le case farmaceutiche progettano e finanziano le sperimentazioni cliniche dei farmaci, e gli enti di ricerca pubblici decidono quali ricerche finanziare”. Ancora: “Ultimo, ma non per importanza, i sistemi sanitari o le compagnie di assicurazione pagano le cure che sono indicate come appropriate”. E se due più due fa quattro, allora c’è poco da scavare. Ancora più esplicito Mario Pappagallo sul Corriere della Sera, per il quale 'un mondo di pazzi sarebbe un gran bel mercato'.
Su questo punto si innestano le riflessioni pubblicate su rsmcampobasso.it ed a cura del dottor Cartabellotta:
Lisa Cosgrove e Sheldon Krimsky hanno recentemente analizzato i conflitti di interesse finanziari dei membri dell’Apa responsabili dell’aggiornamento del Dsm: quasi il 70% dei componenti della task-force attuale dichiara relazioni finanziarie con l’industria farmaceutica (rispetto al 57% del gruppo che ha aggiornato il DSM-4). La percentuale raggiunge l’83% per il gruppo ‘disordini psicotici’ e fa bingo (100%) in quello ‘disturbi del sonno’ ”.
Allarme diagnosi
Ma torniamo all’aspetto squisitamente medico. E lo facciamo affrontando il dibattito da due punti di vista: quello della Società britannica di psicologia (in contrapposizione con lo staff Apa) e quello degli esperti Italiani.

Accadde nel Regno Unito
Sui criteri di diagnosi è intervenuta la British Psychological Society , preoccupata del fatto che i pazienti ed il pubblico in generale appaiono maldisposti nei confronti della crescente medicalizzazione di comportamenti 'normali'. Vi sono senz'altro situazioni dolorose per il paziente, aggiunge, che richiedono una forma di aiuto, ma esse non sono delle malattie (vedi lutto). La dichiarazione è stata resa pubblica nel mese di giugno, firmata dalla dottoressa Carole Allan, presidente del consiglio della pratica professionale, e stilata dal professor Peter Kinderman, presidente della Divisione di psicologia clinica.
La Società è “scettica anche sulle condizioni specifiche elencate nel Dsm V, ivi comprese la nuova 'sindrome da psicosi attenuata' (la presenza di sintomi simil-psicotici senza una completa disconnessione dalla realtà) e sul 'dirompente disturbo di disregolazione dell'umore' (capricci eccessivi dell'umore). Il primo 'è molto preoccupante' sostiene l'Ordine degli Psicologi Britannico, perché 'potrebbe essere visto come un modo per stigmatizzare le persone eccentriche ed abbassare la soglia per stilare una diagnosi di psicosi’“.
L'unico aspetto del DSM-V che è bene accetto alla Società degli psicologi britannici è la definizione del livello di gravità dei sintomi nel mese precedente, perché ci si concentra su problemi specifici e si introduce il concetto di "variabilità del sistema".
La risposta del vicepresidente del gruppo di lavoro sul Dsm V, il dottor Darrel A. Regier, non si è fatta attendere. In una e-mail a The Psychologist sostiene che “lui ed i suoi colleghi sono d'accordo sul fatto che vi sia una sovrapposizione tra risposte normali dell'individuo e stati di malattia, ma che ‘la psichiatria riconosce anche che ci sono disturbi reali del cervello che causano disturbi mentali e che potrebbero beneficiare di un trattamento’“. (per saperne di più: Clinica della timidezza)
Accadde in Italia
Cosa accade in Italia? “Siamo a rischio con 3milioni di potenziali nuovi pazienti. Non dobbiamo commettere gli errori fatti in Usa”, ha sottolineato Luca Poma, portavoce di ‘Giù le mani dai bambini, l’organizzazione preoccupata anche del fatto che “il rischio, negli Usa, è che il Ritalin possa essere prescritto ai bambini dai 4 anni in poi”.
Il dibattito nel Belpaese è aperto. Dalla dottoressa Emilia Costa, già titolare della I^ Cattedra dell'Università ‘La Sapienza’ di Roma e primario di Psicofarmacologia all'Umberto I, altre perplessità: “Tra le nuove possibili sindromi, il lutto e la dipendenza da caffè: noi medici e specialisti siamo vittima delle mode diagnostiche lanciate dalle multinazionali, attenzione perchè è a rischio l'indipendenza della classe medica". A rischio per le persone, verrebbe da aggiungere, la libertà di essere tristi.
Mentre Emilia Costa parla di “bulimia da diagnosi” da parte dei colleghi d’oltreoceano, ancora Frances fa riferimento all’introduzione (il Sole 24 Ore) “della categoria di sindromi di rischio, in modo da consentire agli psichiatri di identificare gli stadi precoci di gravi disturbi mentali, come le demenze o le psicosi”. A tal proposito per lo psichiatra “le nostre attuali conoscenze non ci permettono la prescrizione preventiva degli psicofarmaci, e sarebbe quindi importante che i medici non eseguano le diagnosi con disinvoltura e valorizzino le terapie relazionali rispetto a quelle farmacologiche".
La petizione
Solo un esempio del dibattito accesosi nel corso di questi anni e che non ha mancato di arricchirsi di una petizione contraria avviata proprio negli States contro l’aumento delle diagnosi e ripresa dal Forum della Salute Mentale in Italia. Una petizione promossa “da alcune Divisioni della American Psychological Association: la Division 32 (Society for Humanistic Psychology), la Division 27 (Community Psychology), la Division 49 (Society for Group Psychology and Psychotherapy), e poi dalla Association for Women in Psychology, dalla Society for Descriptive Psychology, ecc., e anche da associazioni di altri paesi. (per saperne do più CLICCA QUI)
Quanto il portale italiano riporta, sono le perplessità – ancora una volta – di Allen Frances e di Bob Spitzer (che era stato capo della task force del Dsm III) ricordando come proposte di diagnosi come “la ‘sindrome da rischio psicotico’” porterebbero conseguenze per cui “molti giovani potrebbero essere etichettati in questo modo e ricevere gli antipsicotici atipici che, oltre a essere molto costosi, possono provocare aumenti di peso (e tra l’altro pare che non diminuiscano il rischio di schizofrenia)”.

Le (non) conclusioni
Un mare di opinioni e punti di vista autorevoli che costituisce il giusto prodromo alla pubblicazione di quella che – come più volte detto, e al di là delle critiche – resta pur sempre la bibbia della psichiatria.
Critiche e perplessità che non si concluderanno fino a maggio del prossimo anno. Fino ad allora il Dsm V resta un ‘work in progress’, come testimoniano le riformulazioni dell’approccio alla valutazione e alla diagnosi dei disturbi di personalità richieste proprio dall’Apa e pubblicate nel giugno dello scorso anno.
Così, al termine del nostro incompleto viaggio tra i meandri del dibattito scientifico e non, proponiamo una piccola digressione in questo senso così come riportata sul portale stateofimnd.it.

§
Le valutazioni essenziali di un disturbo di personalità saranno effettuate in base alle compromissioni del funzionamento (sé e interpersonale) e alla presenza di tratti patologici.
Elemento di assoluta novità è la proposta di un modello ibrido dimensionale-categoriale per la personalità, che coniughi la possibilità di misurare il funzionamento personologico con la nosografia. A tale scopo è stata ideata una scala, definita “del Funzionamento della Personalità”, in cui si valutano le compromissioni del dominio del sé, che si riflettono nelle dimensioni dell’identità e della auto-direzionalità (self-directness), mentre quelle interpersonali sono considerate alterazioni nella capacità di empatia e di intimità. Il grado di disturbo presente nei domini, del sé e interpersonale, è stato pensato lungo un continuum che va da un livello 0, equivalente a una assenza di deficit, a un livello 4 che indica una compromissione estrema.
Il DSM-5 prevederà, dunque, sei specifici disturbi di personalità: Borderline, Ossessivo-Compulsivo, Evitante, Schizotipico, Antisociale, Narcisistico, e Disturbo di Personalità Tratto Specifico (PDTS).
Per fare diagnosi di disturbo di personalità dovranno essere soddisfatti i seguenti criteri:
  • Criterio A. Compromissioni significative del sé (identità o auto-direzionalità self-direction) e del funzionamento interpersonale (empatia o intimità).
  • Criterio B. Uno o più domini del tratto patologico della personalità o sfaccettature/aspetti del tratto.
  • Criterio C. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo sono relativamente stabili nel tempo e costanti tra le situazioni.
  • Criterio D. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono meglio compresi come normativi per la fase di sviluppo individuale o per l’ambiente socio-culturale.
  • Criterio E. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per esempio, un abuso di droga, l’uso di qualche particolare farmaco) o di una condizione medica generale (per esempio, grave trauma cranico, effetti particolari di patologie metaboliche ecc).
Gli elementi chiave per i Livelli di Funzionamento della Personalità, relativamente al criterio A, sono indicati di seguito.
Dominio del Sé:
  • Identità: l’esperienza di sé come unico, con chiari confini tra sé e gli altri, stabilità dell’autostima e precisione di auto-valutazione; capacità e abilità di regolare una gamma di esperienze emotive.
  • Self-direction: perseguire obiettivi coerenti e significativi sia a breve termine che di vita, utilizzo di standard di comportamenti interni costruttivi e prosociali, capacità di auto-riflettere (self-reflect) in modo produttivo (acquisire quindi il senso delle proprie capacità e anche dei propri limiti).
Funzionamento interpersonale:
  • Empatia: comprensione e apprezzamento delle esperienze e motivazioni altrui, tolleranza di prospettive diverse, comprensione degli effetti del proprio comportamento sugli altri.
  • Intimità: profondità e durata della relazione positiva con gli altri, desiderio e capacità di vicinanza, reciprocità nei comportamenti interpersonali.
Per quanto riguarda il criterio B, sono stati individuati i seguenti domini della personalità:
  • Affettività negativa: sperimentare intensamente e frequentemente emozioni negative.
  • Distacco: ritiro da altre persone e da interazioni sociali.
  • Antagonismo: comportamenti che mettono le persone in contrasto con altre persone.
  • Disinibizione vs Compulsività: impegnarsi in comportamenti impulsivi senza riflettere sulle possibili conseguenze future. La compulsività è il polo opposto di questo dominio.
  • Psicoticismo: avere esperienze insolite e bizzarre
Per porre diagnosi di disturbo di personalità il clinico dovrebbe seguire una sorta di percorso guidato.
1- È presente una compromissione del funzionamento (nell’ambito del sé e in quello interpersonale) della personalità?
2- Se è presente, valutare il livello di compromissione del soggetto nell’ambito del sé e in quello interpersonale sulla Scala dei Livelli del Funzionamento di Personalità.
3- È presente uno dei sei tipi di disturbi di personalità contemplati dal DSM-5?
4- Se è presente, valutare il tipo e la gravità di compromissione e disturbo.
5- In caso contrario, è presente un disturbo di personalità tratto specifico (PDTS)?
6- Se è presente un PDTS, identificare e elencare i tratti/domini che caratterizzano il soggetto e valutare la gravità della compromissione.
7- Se, in presenza di un PDTS, si desidera stilare un profilo di personalità dettagliato e utile per la formulazione del caso clinico e si proceda con la valutazione dei sottodomini.
8- In assenza sia di un tipo specifico disturbo di personalità sia di un disturbo di personalità tratto specifico (PDTS), valutare la presenza dei tratti/domini specifici e dei relativi sottodomini qualora fossero utili nella formulazione del caso clinico.
È possibile affermare con certezza che la pubblicazione del DSM-5 cambierà radicalmente la modalità con cui i clinici saranno chiamati ad effettuare diagnosi di disturbi di personalità e il modello ibrido dimensionale-categoriale proposto richiederà di valutare un numero considerevole di dimensioni.
La nuova modalità di valutazione della personalità e dei suoi disturbi ha prodotto un acceso dibattito all’interno della comunità scientifica ed una parte di essa ha assunto una posizione decisamente critica. In ogni modo, il cambiamento proposto dall’APA rappresenta un’assoluta novità e un importante contributo da parte della psichiatria americana al miglioramento dell’efficacia diagnostica del manuale, soprattutto per quanto riguarda il tentativo di associare una diagnosi di tipo categoriale con un sistema di valutazione dimensionale.

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