
“Pesanti catene di ferro, apparecchi coercitivi simili a strumenti per la tortura e le macchine per l'elettroterapia: il famigerato elettroschock”. C’è chi ne parla come di una vera e propria “galleria degli orrori”. Quel che importa, però, è il ruolo svolto di testimonianza di una realtà, ormai tradotta in termini di civiltà, ma che non va dimenticata né è possibile farlo a mezzo legge. Una realtà che “mostra a cosa andavano incontro i detenuti considerati pazzi e rinchiusi in quelli che tempo fa venivano chiamati manicomi criminali”.
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