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venerdì 25 novembre 2011

XIII CORSO DI FORMAZIONE VOLONTARIATO OSPEDALIERO - L'ASCOLTO ATTIVO.


Per comunicare è necessario ascoltare e, senza ascolto con empatia e accettazione dell'altro, difficilmente si stabilisce un rapporto positivo tra due persone. Martedì 22 novembre il dottor Silvio Roscioli, presidente ARVAS del Lazio, nella sala Celestino V del Vescovado di Campobasso, agli iscritti al 13° Corso di Formazione ARVAS, ha tenuto una dotta relazione sul tema: "L'Ascolto Attivo".


Il volontario nella sua attività di servizio è chiamato soprattutto all'ascolto del malato. Si distinguono quattro tipi di ascolto:
-Passivo
-Selettivo
-Riflessivo
-Attivo

L'ascolto passivo si realizza quando le parole del malato non hanno presa nella mente del volontario. E' inefficace e produce distanza. L'ascolto selettivo avviene quando il volontario sente solo ciò che vuole sentire. Spesso è connesso con le motivazioni del volontariato stesso. L'ascolto riflessivo si verifica quando si pone l'attenzione a tutto il messaggio e si vuol rimandare al malato il concetto che è stato compreso. Il rischio è quello di fare solo da cassa di risonanza, mandando indietro il concetto così com'era.

L'ascolto attivo empatico si realizza quando il volontario fa capire al malato che ha compreso e arricchisce la risposta del prprio io; in questo caso la gratuità della presenza diventa dono, facendo vivere i valori che il volontario ha dentro. In questo tipo d'ascolto, da preferire e migliorare, il volontario si mette nei panni del malato, cercando di entrare nel suo punto di vista, condividendo le sensazioni che manifesta.

Si distinguono cinque tappe:
-Ascoltare il contenuto: non soffermarsi all'apparenza, utilizzare i cinque sensi e non fidarsi del cosiddetto sesto senso, etichettando il malato a prima vista.
-Capire le finalità: provare a comprendere dove il malato vuole arrivare, intuendo le finalità. -Valutare la comunicazione non verbale: dare il dono che si ha dentro e si sente di dare: una stretta di mano, una carezza, un semplice sguardo dato in modo empatico, un abbraccio. Questo comportamento costa fatica emozionale e va gestito bene, altrimenti l'effetto che si ottiene è negativo.
-Controllare la comunicazione non verbale e i propri filtri: non bisogna etichettare subito l'altro come malato ideale o malato complesso, bisogna capire la motivazioni che spingono un malato a un determinato comportamento.
-Accogliere l'ammalato con il cuore, così com'è.
-Ascoltare con partecipazione, senza pregiudizi.

Nel servizio di volontariato è importante essere genuini, comportandosi come persona che parla a persona, senza inutili sovrapposizioni o costruzioni, spontaneamente anche variando gli stati d'animo, con giornate più gioiose e altre meno e soprattutto mai far pesare le situazioni personali, gravando il malato dei propri problemi. Ogni giorno, prima di entrare in reparto, il volontario deve guardarsi dentro, perché è la conoscenza di sé che lo rende libero, rivalutando i propri valori, se lo ritiene opportuno. E' importante cercare di migliorare sempre la propria capacità d'ascolto, riflettendo sempre sull'intero messaggio, controllando le interferenze dell'ambiente, esercitandosi nell'ascolto attivo empatico, valutando a fondo i motivi che hanno portato al volontariato, cercando di migliorare l'ascolto dei casi complessi e soprattutto ricordando che il bene va fatto bene. Don Luigi Guanella soleva ribadire che il rapporto volontario malato è quello di una presenza che si fa dono, senza chiedersi chi dei due è veramente dono per l'atro. S. Agostino ci stimola a far sì che nel singolo ci sia una humanitas numerosa.

Il desiderio del volontario che vuole dare un senso al suo servizio è raggiungere questo scopo e, se proprio non ci riesce, concludiamo con le parole di Les Brown: "Punta sempre a raggiungere la luna, se pure non ci riuscirai, avrai comunque passeggiato tra le stelle".

di Giovanni Sparano

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