6 ottobre 2011 – Nella maggioranza dei Paesi a basso e medio reddito,
meno del 2% dell’intero budget sanitario è destinato alla promozione della
salute mentale. Inoltre, buona parte di queste esigue risorse sono dedicate
agli ospedali di cura anziché ai servizi di assistenza primaria. Lo riferisce
l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in occasione del World Mental Health Day. L’edizione 2011, che si svolge in
tutto il mondo il 10 ottobre, ha come tema “Investire nella salute mentale” con
l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica su questi
temi e promuovere la discussione sull’importanza della prevenzione e della
promozione.
Qualità della vita e salute mentale
La qualità di vita dipende da circostanze esterne
(lavoro, reddito, condizioni di sicurezza, possibilità di svago e di incontro,
accettazione sociale), dalla salute fisica e dalla salute mentale. Quest’ultima
dipende a sua volta dalle circostanze esterne e dall’assetto genetico ma anche
dalle modalità di approccio alla vita e di reazione alle difficoltà che ci
presenta. La salute mentale influisce a sua volta sulle condizioni ambientali:
le persone mentalmente sane sono, infatti, più capaci di migliorare il mondo
per se stesse e per gli altri.
La salute mentale e il benessere psicologico sono
state recentemente oggetto di attenzione anche nel mondo degli economisti che
discutono su quale tipo di società la promuova meglio. Si è per lo più
d’accordo che si tratta di società prospere senza grosse disuguaglianze sociali
e con elevati livelli di sicurezza. Per migliorare la qualità di vita
occorrerebbe agire sia sulle condizioni socio-economiche, sia sugli
atteggiamenti e sulle abitudini delle persone.
Disturbi mentali
La prevalenza dei disturbi mentali è molto elevata.
Studi recenti condotti in Italia hanno mostrato che la prevalenza annuale nella
popolazione generale adulta è come minimo dell’8%, il che implica che ogni anno
in Italia almeno 4 milioni di persone presentano un problema di salute mentale
[1,2,3]. In questi studi sono stati considerati solo i disturbi più comuni
(disturbo depressivo maggiore e disturbi d’ansia), escludendo ad esempio i
disturbi di personalità. Si tratta dunque, probabilmente, di stime
conservative; vari studi condotti in altri Paesi europei hanno riscontrato
prevalenze annuali anche più alte, che si aggirano intorno al 15-20% [4]. A
fronte di questi elevati tassi di prevalenza, solo poche tra le persone
coinvolte riceve un trattamento specialistico. In Italia, lo studio ESEMeD ha evidenziato che nell’anno
precedente l’intervista, solo il 17% delle persone affette da disturbi mentali
comuni si era rivolto a un servizio sanitario. Fra le motivazioni della mancata
richiesta di aiuto da parte di persone che presentano questi disturbi giocano
ancora un ruolo non trascurabile lo stigma sociale e la disinformazione.
Disabilità e costi associati ai disturbi mentali
Non solo la questione riguarda moltissimi cittadini,
ma ha conseguenze estremamente serie. I disturbi mentali possono condurre al
suicidio, un’importante causa di morte. Nel 2006, nei 27 stati membri
dell’Unione europea, ben 59 mila persone sono morte per suicidio, una cifra
molto elevata, superiore a quella dei decessi per incidente stradale, che nello
stesso anno sono stati 50 mila. Inoltre, il carico di sofferenza per pazienti e
familiari e le perdite di anni di vita per disabilità o morte prematura
associate ai disturbi mentali sono rilevanti, maggiori rispetto alla maggior
parte delle patologie somatiche, e sembrano essere in aumento nei Paesi
industrializzati. Secondo l’Oms, i disturbi mentali attualmente rappresentano
una delle principali fonti di disabilità e sofferenza nel mondo. In Europa, il
solo disturbo depressivo maggiore rende conto del 6% del carico (burden)
totale di sofferenza e disabilità legato alle malattie ed è al terzo posto, in
ordine di importanza, per il carico che provoca. L’Oms ritiene che, se non
verrà contrastato, salirà in seconda posizione entro il 2020. Non va inoltre
dimenticato che la sofferenza mentale non riconosciuta e trattata è uno dei
principali determinanti dell’uso di sostanze, che ha drammatiche conseguenze
sociali.
I disturbi mentali costituiscono una significativa
fonte di costi per il sistema economico, sociale, educativo e penitenziario. È
stato conservativamente stimato che i disturbi mentali costino agli stati
membri della Ue il 3-4% del prodotto interno lordo, soprattutto a causa della
ridotta produttività e della morte prematura. I costi diretti e indiretti del
solo disturbo depressivo maggiore sono stati calcolati essere nel 2004 pari a
18 miliardi di euro, corrispondenti all’1% del prodotto interno lordo. In
Europa, i giorni persi di lavoro a causa del disturbo depressivo maggiore sono
maggiori di quelli persi per altre malattie (come per esempio le malattie
cardiache o il diabete).
Disturbi mentali e salute mentale
La crescente consapevolezza delle elevate prevalenze e
il carico di sofferenza e di disabilità dei disturbi mentali, nonché dei
costi associati, hanno portato alla consapevolezza che occorre fare
qualcosa anche nel campo della prevenzione e non solo della terapia, nella
convinzione, suffragata da ampie evidenze e dal parere dei più grandi esperti
di prevenzione, che il modo migliore di prevenire le malattie e i disturbi è
quello di migliorare il livello medio dei fattori protettivi o di diminuire il
livello medio dei fattori di rischio nelle popolazioni.
Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze
scientifiche che avvalorano l’idea che la prevenzione di alcuni disturbi
mentali e la promozione della salute mentale sono possibili, nei bambini, negli
adolescenti, nelle puerpere, sul luogo di lavoro e anche tra i disoccupati (si
vedano in proposito le rassegne di Hosman et al., 2005; di Sowden, 1997; della
Health Education Authority inglese, 1997; di Jané-Llopis et al., 2005 ed
inoltre Durlak, 1997; Heney et al, 1995; Lavikainen et al, 2000; Mental Health
Foundation, 1999; Mrazek e Haggerty, 1994; National Health Service, 1999; NHS
Centre for Review and Dissemination, 1997; Proudfoot e Carson, 1997; Ray e
Hodnett, 1998).
Altri Paesi hanno già introdotto e valutato iniziative
di promozione della salute mentale. Il ministero della Salute inglese, ad
esempio, ha da pochi mesi avviato un programma dal suggestivo titolo “No health without mental health”, anche in considerazione degli
elevati costi associati ai disturbi mentali nel Regno Unito stimati essere pari
a 105 milioni di sterline l’anno.
Che cosa si può fare?
Per quanto riguarda la promozione della salute mentale
e della qualità di vita, area in cui sono particolarmente necessari progetti
riguardanti interventi di provata efficacia, i benefici possono venire da
molteplici iniziative. Fra le più facili da incoraggiare anche a livello di
comunità locali:
individuazione e diffusione di approcci efficaci per
convincere le persone a adottare stili di vita più salutari
- individuazione
e diffusione di strategie efficaci per migliorare la qualità delle
relazioni interpersonali e atteggiamenti di collaborazione costruttiva e
solidaristica, a partire dalla scuola (non si tratta di un’utopia, perché
è da più di un decennio che compaiono studi ben fatti, che indicano che si
può fare molto in questo campo)
- individuazione
e diffusione di strategie di trattamento precoce dei disturbi psichici, in
particolare di quelli più frequenti, la depressione e le varie forme di
ansia (in questo campo è molto importante indagare l’integrazione dei
trattamenti psicoterapeutici e riabilitativi con quelli farmacologi e le
potenzialità del mutuo-aiuto tra gruppi di pazienti ed ex pazienti)
- diffusione
degli interventi psicoeducativi di gruppo, di promozione delle capacità di
coping delle famiglie con una familiare affetto da disturbo mentale grave
- promozione,
nelle scuole superiori, dei gruppi di educazione alla salute tra pari e
dell’approccio basato sui concetti di autoefficacia (sentirsi cioè capaci
di affrontare il lavoro o la scuola, le relazioni con gli altri e le
proprie reazioni) e di intelligenza emotiva
- promozione
di iniziative di formazione dei genitori basate sulle abilità di
comunicazione, assertività, soluzione dei problemi, definizione di
obiettivi: il cosiddetto parent training è tra gli interventi psicosociali
di più provata efficacia
- promozione
della salute mentale sui luoghi di lavoro mediante insegnamento di
semplici tecniche di counselling ai capi e favorendo la partecipazione
attiva dei lavoratori ad approcci strutturati di soluzione di problemi
- “affidamento”
di madri giovani a rischio a madri esperte che vivano nella stessa zona e
formazione del personale dei reparti di ostetricia e delle visitatrici
sanitarie a riconoscere e a gestire inizialmente la depressione delle
puerpere.
Infine, sarebbe utile promuovere la valutazione di
semplici interventi di promozione del sostegno sociale nella comunità, basati
ad esempio sulla diffusione di opuscoli e di iniziative di formazione sulle
abilità di comunicazione fondamentali e sui metodi strutturati di soluzione dei
problemi o promozione di visite nelle case di riposo di abitanti del vicinato e
partecipazione con gli ospiti ad attività ricreative.
*di Antonella Gigantesco, Angelo Picardi - reparto
Salute mentale, Cnesps-Iss
FONTE: www.epicentro.iss.it
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